Di smartworking, e dei suoi effetti positivi anche sull’ambiente, se ne parlava già da tempo. Le aziende però faticavano a concedere questa forma di attività lavorativa. A causa della straordinaria emergenza e del lockdown, non hanno avuto altra scelta: l’adozione rapida di modalità di lavoro a distanza.

Si può dire, però, che lo smartworking abbia portato con sé anche effetti positivi. Un esempio? Il brusco cambiamento di abitudini nelle modalità di lavoro. La partenza è stata senz’altro complicata, ma col tempo i vantaggi di lavorare con il proprio PC da casa sono emersi. Seppur tra una lavatrice e la cura dei propri figli.

Tra i lati positivi ce ne sono anche alcuni di matrice ambientale, come la riduzione delle emissioni di sostanze inquinanti generate dai trasporti casa-lavoro. E il tempo risparmiato dai pendolari si traduce in maggiore produttività ed efficienza.

Due studi sugli effetti dello smartworking sull’ambiente

Un recente studio nazionale condotto dall’Enel su 29 amministrazioni ha stimato mediamente un’ora e mezza di mobilità ridotta al giorno a persona. Il totale dei km evitati ammonta a 46 milioni, con un risparmio di spesa pari a 4 milioni di euro di carburante.

Un’altra indagine condotta da SNPA (Sistema Nazionale Protezione Ambiente) su un ampio campione di dipendenti ha consentito di approfondire la conoscenza sulle abitudini di mobilità del personale e di stimare il contenimento delle emissioni di anidride carbonica. Ben 1884 tonnellate di CO2 nel periodo marzo-maggio.

Queste considerazioni sottolineano che il lavoro agile costituisce un’opportunità da non lasciarsi sfuggire. A che pro? Modificare le modalità lavorative in maniera stabile e su larga scala, incidendo notevolmente sui livelli di congestione urbana e delle emissioni di inquinanti quali polveri, anidride carbonica e ossidi di azoto.
L’accelerazione forzata nel lavoro agile è una rivoluzione di cui bisogna approfittare. Il nostro Paese sarà in grado di cogliere questa opportunità green?

Pamela